Cavalli selvaggi
Primo romanzo della trilogia della frontiera, Cavalli Selvaggi può essere visto come un romanzo di formazione. Ora qualcuno potrà considerare questa storia la tenera e la drammatica iniziazione di due ragazzi che inseguono un passato che forse non è mai esistito. In realtà, nel romanzo, John Grady Cole e Rawlins – i due protagonisti – sono soltanto i comprimari di una terra, mitica e immersa in un’aureola di leggenda, che risulta essere la vera eroina di questo romanzo.
Una terra dominata da albe e da tramonti senza fine, dall’odore della pioggia che evapora sulla sabbia del deserto e dal vento freddo che scende dalle mesas del sudovest americano. Una terra sulla quale la tragedia aleggia preponderante e ossessiva a ogni pagina, condotta, in modo ipnotico e ossessivo, da un autore che sembra possedere la grazia degli dei.
Una scrittura lapidaria e mai eccessiva, dialoghi scintillanti che si incarnano nella storia come malta, grazie anche alla mancanza di caporali o altri segni di punteggiatura nel continuum della narrazione. Senza nulla togliere all’aroma del caffè che si può quasi annusare e ai valori moraleggianti e antichi di gente saggia comunicati dalla prosa.
Un romanzo straordinario e unico, scritto con la stessa forza e lo stesso mestiere che userebbe un contadino per avere il meglio dai suoi frutti. Un’opera grandiosa e memorabile, destinata a segnare un’epopea e ricca di momenti di vera poesia con vertici di prosa altissima che soltanto uno scrittore con la classe eccelsa di McCarthy può riuscire a regalare agli appassionati.
- Cavalli selvaggi
- Titolo originale: All the Pretty Horses
- Prima edizione americana: Alfred A. Knopf, maggio 1992
- Prima edizione italiana: Einaudi, 2006